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Un paese che non si cura dell’innovazione, non può stupirsi di essere fermo, nè può sperare in una crescita negli anni a venire.
Per incentivare l’innovazione, occorre dare slancio alla ricerca. Per dare slancio alla ricerca, bisogna fare sì che i finanziamenti alla ricerca raggiungano l’obbiettivo per cui sono stati erogati e non si disperdano in percorsi paralleli di difficile identificazione e dubbia finalità. Equazione tanto semplice a dirsi, quanto difficile ad attuarsi.
Nel settore biomedico, le regole di ripartizione dei fondi alla ricerca varate nei giorni scorsi dal ministero del Walfare di concerto con quello dell’Istruzione, Università e Ricerca (valide a partire dal 2009) sono improntate alla volontà di assegnare i fondi a progetti specifici (e non genericamente a istituti di ricerca), raccolti in un’unica lista nazionale ed esaminati da panel (gruppi di esperti) appositamente designati fra studiosi e ricercatori unicamente stranieri.
Il coro di commenti che hanno accolto con favore queste “nuove” regole intona una litania che nuova non è: nel nostro paese il sistema di ripartizione dei fondi non premia i giovani, che stanno ai rami più sottili e lontani del grande albero da cui ha origine la linfa del finanziamento alla ricerca; quelli più eroici resistono (e spesso fanno la fame), i più vanno a lavorare in altri paesi.
Significativo è il dato (riportato dal Corriere della Sera del 4 ottobre scorso) che vede solo 38 progetti italiani finanziati dal Consiglio Europeo della Ricerca sui 9.167 globalmente esaminati. E ancora più significativo è il fatto che solo il 4 % dei progetti italiani vagliati a livello comunitario si sarebbe concretamente sviluppato in Italia: tutti gli altri richiedenti italiani già indicavano in domanda di avere scelto di sviluppare il proprio progetto all’estero.
Se questo è il quadro, la domanda che provocatoriamente si pone IP Faber è questa: se l’innovazione è la base per fare marciare l’economia (e l’imprenditoria) di un paese, perchè allora – oltre a preoccuparci (pur correttamente) dei finanziamenti alla ricerca – non studiare altresì dei meccanismi che facciano dialogare l’imprenditoria e il settore della ricerca, attraverso incentivi fiscali o programmi di cooperazione fra il sistema imprese e il sistema della conoscenza?