
Si è molto dibattuto nei giorni scorsi del caso Peppermint, che ha riportato all’attenzione della stampa il dilemma dell’uso della musica online e dei limiti che possono sorgere in ragione dei vari soggetti interessati e dei relativi diritti coinvolti: chi dispone del copyright sulla musica, chi offre servizi di Internet Service Provider e chi scambia la musica in rete e viene monitorato via web.
Peppermint Jam Records Gmbh è società discografica di Hannover che si è mossa a tutela dei propri diritti d’autore musicali.
Logistep, società svizzera che monitora per conto terzi attività di “copiatura non autorizzata” di files in rete, con appositi software di scouring ha scovato varie attività non consentite riguardanti file musicali scambiati per P2P, ritenendole lesive dei diritti di Peppermint.
Fra gli utenti scoperti da Logitep, quasi 4.000 erano italiani, identificati a seguito di un procedimento cautelare che Peppermint ha avviato a Roma, da cui è scaturito l’ordine a Telecom – l’ISP interessata – di fornire i nominativi degli utenti cui corrispondevano gli indirizzi IP individuati da Logistep. Questa ordinanza è in un certo senso una novità: deriva dalle recenti modifiche al codice di proprietà industriale, che permettono di risalire alle informazioni riguardanti chi viola “a monte” o “a valle” diritti di proprietà intellettuale, attraverso ordini emanati nei confronti di soggetti “intermedi”, detentori di queste informazioni.
I quasi 4.000 italiani coinvolti si sono quindi visti recapitare delle lettere di diffida, dallo studio legale tedesco Mahlknecht & Rottensteiner, nelle quali si proponeva loro una soluzione transattiva (attraverso l’eliminazione dei file “piratati” e la corresponsione di una somma a copertura delle spese legali sostenute).
Ora, da un lato i titolari di copyright vedono in questo meccanismo una possibile via per bloccare le copie non autorizzate di files che viaggiano in condivisione in rete per P2P. Dall’altro lato, le associazioni dei consumatori (quali Adiconsum) e lo stesso Garante della Privacy esprimono dubbi su come si siano utilizzati i dati personali dei navigatori coinvolti nel caso Peppermint.
(IP Faber ringrazia A. Varvara per la segnalazione di questa notizia)