Eva

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Dopo Emi, anche Universal Music ha annunciato nei giorni scorsi che a partire dal 21 agosto fino al 31 gennaio prossimi sarà possibile scaricare da internet brani musicali provenienti dai propri cataloghi, privi di DRMDigital Rights Management.  

Ciò significa che chi scaricherà questi file dai siti musicali che si sono accordati con Universal Music per realizzare questo progetto – quali Amazon, Best Buy, Rhapsody di Realnetworks, Puretracks – potrà poi liberamente riprodurli e utilizzarli su molteplici dispositivi.

L’esperimento analogo già posto in essere da Emi – deciso dopo la trasformazione della società da Public Company a società a capitale privato, acquistata dalla britannica Terra Firma – sembra avere dato i primi incoraggianti frutti: si parla di un incremento del 13 % delle vendite di EMI.

La tendenza in atto può essere letta da vari punti di vista.
I DRM hanno mostrato in più occasioni di essere facilmente aggirabili e di “viaggiare” su un piano troppo lontano dalla realtà del consumatore medio della cosiddetta musica fluida. Lo Steve Jobs pensiero dello scorso febbraio ha forse svegliato le Major musicali, che hanno capito di poter trasformare in opportunità di mercato la messa in commercio di musica libera da limiti tecnologici quali i DRM. Il consumatore di musica online che vuole questo tipo di musica digitale è disposto a pagare una cifra leggermente superiore, pur di non esserne vincolato nella fruizione.

A partire da pochi giorni fa, è così possibile – ad esempio – scaricare  dalla libreria di iTunes canzoni dall’album di John Lennon “Some Time in New York City” a 1.29 euro, se DRM-free oppure a 0.99 euro, con DRM.

(fotografia di Michele Pedrolli, da Flickr

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