
Alcuni giorni fa Jim Fielding, vice presidente esecutivo vendite internazionali e marketing della Walt Disney ha spiegato alla stampa che la società che rappresenta sta pianificando un’espansione delle proprie licenze verso nuove aree di mercato.
Già si è visto un primo accenno di questa tendenza lo scorso autunno, con il lancio sul mercato statunitense di una linea di arredo per la casa e per l’ufficio ispirata agli arredi utilizzati da Walt Disney negli anni ’50 per la propria abitazione ed ufficio, prodotta dalla Drexel Heritage su licenza Disney.
A partire dal prossimo autunno, i marchi non figurativi della Disney verranno utilizzati per identificare una linea di illuminazione da interni prodotta da Minka Group, una linea di articoli per il bagno e per il letto realizzati da Dan Diver ed infine arriverà sul mercato una serie di articoli per la tavola, scherzosi, prodotti da Zak Design.
Si prospetta un incremento dell’uso dei marchi Disney non figurativi, non necessariamente legati ai personaggi Disney, ma identificativi della casa di produzione statunitense. A questo si aggiunge una ricerca di nuovi target: non più solo i bambini, tradizionali “consumatori” dei prodotti Disney, ma anche gli adulti, attraverso un orientato verso prodotti diversi dai tradizionali gadgets Disney.
Fra non molto, dice il responsabile Disney, potremo bere uno chardonnay che si chiamerà Ratatouille, topo francese con abilità da grande chef, protagonista del prossimo film di animazione realizzato dall’accoppiata Walt Disney/Pixar (nella foto). O ancora per l’inverno 2008 potremo indossare una linea di jeans che si chiamerà Disney Jeans.
Questa strategia relativa ai marchi Disney sembra derivare da due diverse, ma combinate motivazioni.
La prima è più che altro di marketing: come dice Jim Fielding, il fatto che i tradizionali consumatori dei personaggi Disney, via via che passa il tempo, invecchino, porta con sé una naturale capacità espansiva di questi marchi verso prodotti destinati ad un pubblico anche adulto.
La seconda è invece data da un’ottima capacità della Disney di gestire il proprio portafoglio marchi , in modo da moltiplicare le licenze segmentando più volte i medesimi marchi su molteplici categorie merceologiche.