Due notizie passate sulla stampa dei giorni scorsi in apparenza lontane: le “sommosse” contro le forse dell’ordine nel quartiere cinese di Milano e la prima relazione dell’Alto commissario per la lotta alla contraffazione Giovanni Kessler al Parlamento.

Da un lato i giornali descrivono un quartiere di Milano fuori dal completo controllo delle forse dell’ordine, dove la popolazione cinese ha stabilito una propria città nella città.
Dall’altro lato scopriamo qualcosa che già potevamo immaginare: l’Italia è in cima alla lista dei paesi europei dove circolano e si acquistano prodotti contraffatti, a partire dal tessile e dalla pelletteria, per passare alla componentistica e ai beni di consumo, arrivando ai software, ai dvd e cd contraffatti. Inoltre, i quantitativi di merce fermata dalle forze dell’ordine (Guardia di Finanza o Agenzia delle Dogane) indicano l’esistenza di un vero e proprio mercato sommerso, che viaggia in parallelo al mercato e al ciclo di vita dei prodotti originali.

Queste due notizie sono legate da un comune filo conduttore, che appare ormai diventato un luogo comune: l’espansione del mercato cinese nel nostro paese, e in genere la forza del “dragone” che può scardinare gli equilibri dei mercati occidentali. Si sa che in gergo quando si definisce un prodotto contraffatto si dice che è la “copia cinese” di un prodotto originale.

Molti imprenditori – che pure si affidano ad industrie manifatturiere cinesi per realizzare i loro prodotti- si sono confrontati negli ultimi anni con fenomeni di contraffazione originatisi nell’est asiatico.
Come la stampa ha fatto passare le notizie dei tafferugli di via Paolo Sarpi – con toni decisamente esagerati a chi conosce o frequenta questa zona di Milano – dimostra la diffidenza e allo stesso tempo la curiosità verso il “fenomeno giallo”. Fenomeno che – proprio perchè ancora non del tutto chiaro – diventa utile strumento per spiegare tutto, anche casi di contraffazione che non necessariamente o direttamente si ricollegano alla Cina.

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Di questo ci dà conferma proprio la relazione Kessler dei giorni scorsi che ha spiegato che l’Italia non solo consuma prodotti contraffatti, ma anche produce merce che viola diritti di proprietà intellettuale altrui. In tutto il territorio nazionale è presente un’industria della contraffazione, con picchi significativi in Campania, dove si fa abbigliamento, componentistica e beni di largo consumo contraffatti, ma anche in Toscana, nel Lazio e nelle Marche (pelletteria) e nelle aree del Nord-Ovest e del Nord-Est (componentistica e l’orologeria).

Non sempre le copie cinesi – quindi – sono Made in China.