Eva

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La Corte Suprema australiana ha autorizzato nei giorni scorsi l’avvocato Mark McCormak a notificare via Facebook un’ingiunzione a due coniugi che non avevano pagato varie rate del mutuo acceso per l’acquisto della propria casa.

Che i social network possano implicare usi di cui forse neppure possiamo intuire ad oggi la portata è un’idea piuttosto diffusa, ma che un social network possa essere utilizzato per notificare atti giudiziari è notizia che davvero incuriosisce e fa riflettere.

Se da noi già l’entrata in vigore della normativa sulla privacy mise in crisi anni fa gli uffici UNEP, che non erano dotati delle buste (e dei fondi per acquistarle!) necessarie ad effettuare le notifiche protette da occhi indiscreti, così come la legge prescriveva, una notifica via Facebook appare anni luce lontana dal nostro sistema processuale.

Nonostante ciò, dovremmo forse considerare che già ora determinate forme di notifiche (ad esempio quelle via email previste per lo scambio di atti fra difensori nell’ambito di un processo societario) servono a semplificare gli adempimenti processuali e a risparmiare tempo e denaro.

Il limite di un passaggio a mezzi tecnologici più evoluti è dato dal timore che questi siano meno “affidabili” e sicuri di quelli tradizionali, ma in realtà, rispetto ad esempio ai cosidetti depositi presso la casa comunale, essi possono dimostrarsi in certi casi concretamente più efficaci.

Certo è che – quanto a Facebook – per ora preferiamo limitarci a servircene per spedire gli auguri di buon Natale.

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