
Photo credit: Liquid Paper
Ci siamo chiesti come potrebbe essere deciso un caso giudiziario in Italia riguardante i thumbnails di Google quale quelli decisi negli Stati Uniti e in Germania (si veda il nostro post del 27 ottobre).
Che accadrebbe se uno degli autori delle infinite immagini pescate da Google nella rete alzasse la mano e protestasse contro la loro trasformazione in immagini-francobollo per utenti alla ricerca di immagini digitali?
La norma piuttosto dibattuta e non propriamente cristallina che è stata introdotta con legge n. 2 del 9 gennaio 2008 regolamenta la pubblicazione in internet delle “immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate” (e aggiunge il comma 1-bis all’art. 70 della legge sul diritto d’autore).
I thumbnail – a rigor di logica – dovrebbero appunto rientrare fra le “immagini a bassa risoluzione o degradate” cui si richiama il legislatore. Se così fosse, ne sarebbe consentita la libera pubblicazione in internet, a titolo gratuito, entro limiti ben definiti: per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non avvenisse a scopo di lucro.
Ed ecco che si ricade in uno dei consueti dilemmi che scaturiscono da internet: Google ha indubbiamente un ritorno economico dal traffico generato mediante i propri motori di ricerca. Lo scopo di lucro esiste ed è più che tangibile per Google, nella trasformazione in thumbnail delle immagini presenti in internet.
Ciò non toglie che chi pubblica immagini protette da copyright potrebbe non avere nulla in contrario a che gli utenti vedano tali immagini rimpicciolite, trattandosi questo di un passaggio che conduce gli utenti al sito dove in origine le immagini sono state volutamente e legittimamente pubblicate dai loro autori.
La semplificazione legislativa circa le utilizzazioni libere delle “immagini degradate” non considera quindi tutte le implicazioni pratiche legate all’uso di certe immagini degradate, inclusi gli interessi degli stessi titolari dei diritti.
Andrebbe allora forse raccolto anche nel nostro paese il suggerimento che dagli Stati Uniti Lawrence Lessig lancia con il suo libro “Remix”: quanto sta accadendo attraverso internet impone di riformare il diritto d’autore. Ciò non significa trascurare di tutelare le opere dell’ingegno, ma riformare, in modo legalmente competente, il sistema di copyright alla luce delle concrete esigenze e delle significative opportunità che la rete pone.
E’ forse inutile ostinarsi a nascondersi dietro un dito o, appunto, a un thumb nail.
(IP Faber: consulenza specialistica alle aziende, la cui materia prima è il copyright)