Enrico

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Photo credit: Earcos

Ringraziamo il giurista Francesco Paolo Micozzi che sul sito Circolo dei giuristi telematici ha riportato un abstract delle motivazioni della decisione che ha portato al “dissequestro” di The Pirate Bay in Italia.

Desidero ricordare che la decisione (che ha riscosso molti applausi o molte critiche a seconda dei punti di vista) è fondamentalmente il risultato degli sforzi della difesa di The Pirate Bay da parte di un team composto di due avvocati, Gian Battista Gallus e Francesco Micozzi, e un esperto informatico, Matteo Flora (in qualità di CT, consulente tecnico).

Il caso The Pirate Bay ha appassionato sia i quotidiani che molte testate online e migliaia di italiani, fedeli utenti della baia. In sostanza, le autorità giudiziarie avevano impedito la visita al sito italiano di Pirate Bay, imponendo l’oscuramento dei relativi indirizzi IP (nomi di dominio + indirizzo IP statico).

Chiaro che con l’utilizzo di proxy si potesse aggirare il problema, ma la questione è stata portata nelle aule giudiziarie da The Pirate Bay, che alla fine ha vinto una piccola (grande) battaglia.

Riportiamo quindi quanto deciso dal Tribunale di Bergamo con la decisione dello scorso 3 ottobre, e di cui si conoscono ora le motivazioni, che ha ribaltato la decisione del GIP sul sequestro preventivo del sito web www.thepiratebay.org

Potete trovare un post di Francesco Micozzi con l’abstract completo, che indica quale punto saliente delle motivazioni la “impossibilità di configurare un provvedimento di sequestro come quello posto in essere in quanto produce l’effetto di sovvertire natura e funzione del sequestro preventivo conosciuto dal nostro Ordinamento”.

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Repubblica Italiana – Tribunale di Bergamo

ordinanza di accoglimento di riesame avverso sequestro preventivo  art. 324 c.p.p. 


premesso
che, su richiesta del Pubblico Ministero, in data 1.8.2008 il GIP di Bergamo disponeva il sequestro preventivo del sito web 
www.thepiratebay.org, disponendo che i fornitori di servizi internet (Internet Service Provider) e segnatamente i provider operanti sul territorio dello Stato italiano inibiscano ai rispettivi utenti – anche a mente degli artt. 14 e 15 del Decreto Legislativo n. 70 del 9.4.2003 – l’accesso:
all’indirizzo 
www.thepiratebay.org; ai relativi alias e nomi di dominio presenti e futuri, rinvianti al sito medesimo; all’indirizzo IP statico 83.140.176.146, che al momento risulta associato ai predetti nomi di dominio, e ad ogni ulteriore indirizzo IP statico associato ai nomi stessi nell’attualità ed in futuro;

ritenuto
che non può allo stato revocarsi in dubbio la sussistenza del fumus delicti (quantomeno secondo la tipicità dell’art. 171 co. 1 lett. a bis) L. 633/41), alla luce di quanto evidenziato dalla Guardia di Finanza, che riferisce di un elevatissimo numero di contatti al sito in questione registrati sul territorio nazionale (in termini di alcune centinaia di migliaia);
che tali contatti, per specificità, l’evidenza e l’ampiezza dell’offerta contenuta nel sito oggetto di cautela, devono essere ragionevolmente ricondotti, almeno in una significativa parte, all’acquisizione in rete di beni protetti dal diritto di autore, in violazione delle norme a presidio dello stesso;
che in proposito a nulla rileva il fatto che tali beni non siano nella diretta disponibilità degli indagati, ma collocati in archivi contenuti in apparecchi elettronici di altri soggetti, dal momento che solo le informazioni contenute nel sito in questione (nel quale si trovano le chiavi per accedere agli archivi di cui sopra e attingerne direttamente documenti) consentono la realizzazione di quei contatti in numero esorbitante cui fa riferimento la Guardia di Finanza;
che in tale contesto risulta del tutto evidente come gli indagati, attraverso il sito 
www.thepiratebay.org, quantomeno mettano a disposizione del pubblico della rete opere dell’ingegno protette, condotta astrattamente rispondente alla tipicità dell’art. 171 citato;
che, riconosciuto il fumus per come esposto, deve altresì affermarsi la sussistenza del periculum, dovendosi in proposito osservare che l’elevatissimo numero di connessioni rilevate induce a ritenere in via probabilistica (valutazione del tutto compatibile con il carattere della delibazione cautelare) l’attualità della commissione del delitto ipotizzato;
che, atteso il concreto atteggiarsi del fatto come sopra tratteggiato, all’affermazione della sussistenza di fumus e periculum, deve conseguentemente affermarsi anche la sussistenza della giurisdizione italiana;

considerato
che occorra ora esaminare il profilo inerente alla falsa applicazione dell’art. 321 c.p.p., che, in quanto attinente al merito, ha natura assorbente degli ulteriori profili eccepiti;

ritenuto
che le misure cautelari – e segnatamente i sequestri, secondo l’ordinamento processuale penale – hanno carattere di numerus clausus, non conoscendo il codice di rito un istituto atipico quale quello di cui all’art. 700 c.p.c.;
che di conseguenza non è giuridicamente possibile emettere sequestro preventivo al di fuori delle ipotesi nominate per le quali l’istituto fu concepito;
che il sequestro preventivo ha una evidente natura reale (come peraltro fatto palese dallo stesso nomen iuris del genere al quale esso appartiene), in quanto si realizza nell’apposizione di un vincolo di indisponibilità sulla res, che sottrae il bene alla libera disponibilità di chiunque;
che dunque l’ambito di incidenza del sequestro preventivo deve essere ristretto alla effettiva apprensione della cosa oggetto del provvedimento;

considerato
che il decreto censurato ha il contenuto di un ordine imposto dall’Autorità Giudiziaria a soggetti (allo stato) estranei al reato, volto ad inibire, mediante la collaborazione degli stessi, ogni collegamento al sito in questione da parte di terze persone;
che tale decreto (pur astrattamente in linea con la previsione degli artt. 14 e ss. D.L.vo 70/03), lungi dal costituire materiale apprensione di un bene, si risolve in verità in una inibitoria atipica, che sposta l’ambito di incidenza del provvedimento da quello reale – come detto ambito proprio del sequestro preventivo – a quello obbligatorio, in quanto indirizzato a soggetti indeterminati (i cd. provider), cui è ordinato di conformare la propria condotta (cioé di non fornire la propria prestazione), al fine di ottenere l’ulteriore e indiretto risultato di impedire connessioni al sito in questione;

ritenuto
che l’uso del tipo di cui all’art. 321 c.p.p., quale inibitoria di attività, non può però essere condiviso, in quanto produce l’effetto di sovvertirne natura e funzione, di talché il sequestro deve essere annullato;

annulla

il decreto di sequestro preventivo emesso in data 1.8.2008 dal GIP di questo Tribunale.

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(tratto da Circolo Giuristi Telematici)

Dal punto di vista legale, le cose sono (abbastanza) pacifiche e nette: annullamento di un sequestro, che come tale ha natura reale e non obbligatoria, in quanto utilizzato come inibitoria atipica, e quindi impropria.

Dal punto di vista pratico ora gli utenti possono raggiungere serenamente le pagine della baia pirata, anche senza utilizzare i servizi di proxy.

Dal mio punto di vista invece il caso Pirate Bay va oltre le semplici implicazioni giuridiche, e vorrei riassumerne 3 che mi sembrano notevolmente importanti.

La piattafroma giuridica è per certi versi non congruente con quella informatica, per cui spesso ci sono “inesattezze” ed errori applicativi che possono essere individuati, esaminati e risolti grazie allo sforzo congiunto di persone che operano a mezzo tra i due sistemi: la diretta conseguenza è che per gestire al meglio la materia del diritto industriale legato all’IT è bene affidarsi a chi li conosce bene e sa come muoversi.

Il caso The Pirate Bay in Italia non è il primo e non sarà l’ultimo a vedere implicate questioni delicate riferibili  all’uso e abuso su internet della proprietà intellettuale (e in futuro probabilmente alle libertà personali), ma sicuramente rimane un caso importante che entrerà nella giurisprudenza più seguita per le technicalities discusse e l’impostazione sposata.

La tecnologia pone, e porrà sempre di più in futuro, delle grandi sfide ai nostri sistemi giuridici e a chi si occupa di queste tematiche, innescando una (ci auguriamo) virtuosa spinta verso l’innovazione e la corretta applicazione della disciplina .

Alla fine di tutto, rimane una mia personale soddisfazione per una materia che  ogni giorno ci regala spunti interessanti su cui riflettere e nuove sfide professionali. 

(IP Faber mette allo stesso tavolo conoscenze e professionalità diverse per risolvere problemi e trovare soluzioni innovative nel campo della proprietà intellettuale)